Sette giorni a Palermo per cercare di capire meglio la mafia

Dal 2021, studentesse e studenti svizzeri si recano a Palermo per scoprire la realtà della mafia. Incontro con l'organizzatore di questi viaggi di studio unici nel loro genere, Valerio Ciriello.
Alla fine di aprile 2025, un piccolo gruppo di studenti e studentesse universitari girovaga per le strade di Ballarò, uno dei quartieri storici di Palermo.
Provengono da Zurigo, Basilea o Lucerna e si preparano a stabilirsi per una settimana in un ex monastero trasformato in casa di accoglienza. Addossato alla chiesa del Carmelo, il luogo è un’isola di tranquillità in questo universo tanto caldo quanto degradato, povero, rumoroso e odoroso.
Ballarò è infatti il regno di un’anarchia organizzata, tra bancarelle di pesce e frutta, il balletto dei gabbiani, i bar, i flussi di turisti e i venditori ambulanti. Anche se ha perso potere, la mafia non è mai lontana e la sua influenza rimane percepibile nell’aria.
Ad accompagnare gli studenti, un uomo guidato dalla fede degli umili: Valerio Ciriello, 49 anni, di origine siciliana e napoletana. Nato e cresciuto a Baden, nel canton Argovia, ha trascorso la fine della sua adolescenza in provincia di Caserta, vicino a Napoli, altro “punto caldo” della criminalità organizzata.

Nel 1992 la sua vita è stata sconvolta dalla morte dei giudici Falcone e Borsellino, assassinati da Cosa Nostra. Come molti italiani, sente a quel punto il bisogno viscerale di “fare qualcosa” per combattere la mafia. Per lui, questo “qualcosa” ha significato studiare legge a Napoli e poi a Zurigo, con l’idea di diventare un investigatore di polizia o un procuratore.
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Le vicissitudini della vita lo hanno portato a lavorare come giurista presso l’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA). Lì è rimasto per sette anni, poi cambia radicalmente rotta per dedicarsi alla filosofia e alla teologia ed entra nei Gesuiti. Diventa così cappellano presso l’Università di Lucerna e di Zurigo e decide di offrire una sensibilizzazione alla criminalità organizzata.
tvsvizzera.it: Valerio Ciriello, cosa l’ha spinta a organizzare questi viaggi?
L’interesse per la mafia non mi ha mai abbandonato. Fin dai miei inizi come cappellano, ho deciso di agire a modo mio. Ho organizzato i primi due viaggi a Palermo nel 2021 e nel 2022. Poi, nel 2023, ho proposto una serie di conferenze all’Università di Lucerna, intitolate “La mafia, una minaccia per la Svizzera?”.
Sono intervenute diverse personalità, come l’ex procuratore Paolo Bernasconi e il procuratore federale Sergio Mastroianni, oltre a specialisti del settore, svizzeri e italiani. Queste conferenze hanno attirato un vasto pubblico e hanno confermato, da un lato, il successo dei viaggi a Palermo e, dall’altro, un reale interesse degli svizzeri e delle svizzere per il tema della “mafia”, soprattutto tra i giovani.

Questo interesse non è un po’ contaminato dai soliti cliché sulla mafia? Cosa motiva gli studenti e le studentesse a fare il viaggio a Palermo?
La maggior parte sono persone che studiano legge e vi vedono un interesse professionale, ma il comune denominatore è la curiosità: vogliono sapere cosa sia veramente la mafia. Ciò che vediamo nelle serie o nei film non fornisce un quadro approfondito. Lo scopo di questi viaggi è quello di dare l’opportunità di comprendere meglio un fenomeno che purtroppo rimane attuale, anche in Svizzera.
>>> In questo articolo vi proponiamo un’intervista a Nino Rizzo, psicoterapeuta di Ginevra, nato in una famiglia mafiosa e autore di un libro in cui racconta il suo percorso:

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Le confidano le loro paure o i loro preconcetti sulla Sicilia?
A volte è necessario rassicurarli all’inizio, spiegare loro che Palermo, rispetto alle città europee delle stesse dimensioni, è piuttosto sicura. Il tasso di microcriminalità non è più alto che altrove. Sono cinque anni che alloggiamo nel quartiere di Ballarò, piuttosto sensibile e malfamato, ma non è mai successo niente, nemmeno a tarda notte. A Palermo, paradossalmente, si dice che le strade fossero ancora più sicure quando la mafia era ancora molto forte.

È infatti un argomento che ricorre spesso, sul tema della “buona vecchia mafia”, ma avallarlo significherebbe dimenticare un po’ troppo in fretta il prezzo pagato dai palermitani per questa cosiddetta sicurezza. Inoltre, i viaggi che organizzo non hanno nulla a che fare con i “mafia tour” per turisti.
Propongo qualcosa di strutturato, ogni volta con degli incontri: vittime della mafia, imprenditori che si rifiutano di pagare il pizzo, ex collaboratori dei giudici Falcone e Borsellino, magistrati, scrittori, giornalisti. Ciò consente agli studenti di ottenere testimonianze dirette e concrete di ciò che è la lotta alla mafia. Vedono con i loro occhi cosa fa la mafia e le sofferenze che crea. Vedono anche che la criminalità organizzata è sinonimo di degrado del tessuto sociale ed economico.
Alcuni di loro un giorno saranno avvocati, giudici, notai, giuristi o addirittura fiduciari. Sono consapevoli del fatto che un giorno potrebbero avere a che fare con clienti “particolari”?
Ne diventano molto più consapevoli al loro ritorno in Svizzera. In ogni caso, ho la sensazione che siano meno ingenui di prima di partire, e che siano anche consapevoli che l’argomento è molto più complesso di quanto immaginassero. Non pretendo di farne dei piccoli Falcone o dei piccoli Borsellino, ma spero che saranno portati a interrogarsi sul loro percorso di vita e sulla loro futura carriera professionale.
È certo che si ha meno voglia di ridere della mafia dopo una settimana in Sicilia, il che dimostra l’importanza della sensibilizzazione.

Sì, ma andrei oltre. L’idea non è solo quella di sensibilizzare o creare una “task force”, il che sarebbe impossibile in così poco tempo. Penso che sia importante capire, anche solo un po’, cosa sono le organizzazioni mafiose. Sono molto complesse dal punto di vista sociale, storico ed economico. Mantengono relazioni con la politica e le società segrete come la massoneria e spesso intervengono a livello geopolitico. Penso che l’esperienza siciliana permetta di comprendere meglio altri fenomeni complessi e di vedere che la realtà non è così semplice come sembra.
Quali sono i suoi progetti e desideri per il futuro?
In cinque anni, questi viaggi hanno dimostrato l’interesse e l’entusiasmo degli studenti al loro ritorno in Svizzera. Questo fa riflettere. Ho quindi la ferma intenzione di organizzare lo stesso tipo di soggiorni per professionisti – poliziotti, giudici, avvocati, pubblici ministeri – principianti o esperti. Penso che sia importante che questi professionisti si confrontino con i loro omologhi palermitani. Vorrei anche creare un’associazione che finanzi borse di studio per studenti di master e dottorato che vogliano scrivere una tesi sulla mafia, con la possibilità di studiare e soggiornare a Palermo per sei mesi.
Vorrei concludere con una citazione di padre Pino Puglisi, parroco del quartiere Brancaccio di Palermo, assassinato dalla mafia nel 1993. Diceva: “Se ognuno fa qualcosa, possiamo fare molto”. Anch’io credo che ognuno di noi, a proprio modo, possa fare qualcosa per migliorare la vita su questo pianeta.

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